Diniego di rilascio del porto d’armi: reati risalenti nel tempo, attuale condotta del richiedente e soprattutto valutazione del suo percorso di vita successivo agli episodi ostativi.
Oggi parliamo di un caso di diniego di rilascio del porto d’armi da parte della Questura, per l’esistenza a carico del richiedente, di reati in materia di armi, porto abusivo di armi, nonché di ulteriori altri reati risalenti nel tempo anche particolarmente gravi e allarmanti.
L’interessato ha impugnato il mancato rilascio del porto d’armi, lamentando che l’autorità preposta non avrebbe tenuto conto, delle sopravvenienza ovvero della riabilitazione penale, del tempo trascorso e dell’attuale condizione di vita dell’interessato e l’assenza di ulteriori pregiudizi.
Il provvedimento impugnato non recherebbe valutazione in termini di attualità, inaffidabilità e personalità del ricorrente.
Il tribunale ha ritenuto di non doversi discostare dall’indirizzo espresso in fattispecie analoghe dal Consiglio di Stato, secondo cui:
- Il porto d’armi non costituisce un diritto assoluto, ma rappresenta una eccezione al normale divieto;
- che l’autorità di pubblica sicurezza ha ampia discrezionalità nel rilasciare il porto d’armi, sindacabile solo per vizi che afferiscono all’abnormità, alla palese contraddittorietà, all’irragionevolezza, illogicità, arbitrarietà, al travisamento dei fatti;
- le autorizzazioni alla detenzione e al porto d’armi postulano che il beneficiario osservi una condotta di vita improntata alla piena osservanza delle norme penali, di quelle poste a tutela dell’ordine pubblico e alle regole di civile convivenza;
il giudizio che deve fare la autorità di PS nel rilasciare il porto d’armi deve riferirsi al prudente apprezzamento di tutte le circostanze di fatto della fattispecie concreta e deve dare una congrua motivazione.
Il tribunale amministrativo in sede di ricorso avverso il diniego del porto d’armi ha avuto modo di chiarire dei principi importanti, che: “l’amministrazione di PS deve svolgere un’istruttoria congrua ed adeguata, di cui deve dar conto in motivazione, che le consenta una valutazione complessiva del soggetto e dunque tenendo conto anche del percorso di vita del richiedente successivo agli eventuali episodi ostativi, e ciò in particolare laddove tali episodi siano risalenti nel tempo. Il diniego del porto d’armi in questo caso specifico ha tenuto conto solo ed esclusivamente delle condotte risalenti nel tempo e basta”.
In conclusione: il ricorso è stato accolto con conseguente annullamento del provvedimento impugnato.
Sentenza del 10/03/2022
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Molto interessante