Negli ultimi anni, a causa di una politicizzazione eccessiva, da parte di correnti ideologiche e associazioni che hanno come obiettivo di andare contro la caccia a prescindere da ogni valutazione scientifica, il legislatore ha dato prevalenza all’interesse pubblico alla conservazione del patrimonio naturale, nella fattispecie della fauna selvatica, assecondando scelte sempre più restrittive in materia di gestione e faunistica e prelievo, con conseguente immissioni di limiti e divieti.
Il testo unico delle leggi sulla caccia del 1939 R.d. 5 giugno 1939 n. 2016 faceva infatti riferimento ad un esercizio di caccia, considerato come diritto soggettivo di cacciare. Così recitava l’art. 1 delle disposizioni generali:
Costituisce esercizio di caccia ogni atto diretto alla uccisione o alla cattura di selvaggina mediante l’impiego di armi, di animali o di arnesi a ciò destinati.
E’ considerato, altresì, esercizio di caccia il vagare o il soffermarsi con armi, arnesi o altri mezzi idonei, in attitudine di ricerca o di attesa della selvaggina per ucciderla o per catturarla.
Agli effetti della presente legge è considerato esercizio di caccia anche l’uccisione o la cattura di selvaggina compiute in qualsiasi altro modo, a meno che esse non siano avvenuti per forza maggiore o caso fortuito.
Al contrario, la legge n. 968 del 1977, la prima disciplina organica della caccia, presentava all’art. 1 una dichiarazione di principio per cui la fauna selvatica italiana costituisce patrimonio indisponibile dello Stato ed è tutelata nell’interesse della comunità nazionale, specificando all’art. 2 che fanno parte della fauna selvatica […] i mammiferi e gli uccelli dei quali esistono popolazioni viventi, stabilmente o temporaneamente, in stato di naturale libertà, nel territorio nazionale, che sono particolarmente protette […] aquile, vulturidi, gufi reali, cicogne, gru, fenicotteri, cigni, lupi, orsi, foche monache, stambecchi, camosci d’Abruzzo e altri ungulati di cui le regioni ai sensi del successivo art. 12 vietino l’abbattimento, e che la tutela non si estende a talpe, ratti, topi e arvicole.
Successivamente lo strumento con cui oggi il legislatore tutela la fauna selvatica e disciplina l’attività venatoria è la legge 11 febbraio 1992, n. 157, recante Norme per la protezione della fauna selvatica omeoterma e per il prelievo venatorio, che ha sostituito quella del 1977 e dichiara all’art. 1 che la fauna selvatica è patrimonio indisponibile dello Stato ed è tutelata nell’interesse della comunità nazionale e internazionale.
L’art 12 di tale legge fornisce anche una definizione di esercizio venatorio che individua in ogni atto diretto all’abbattimento o alla cattura di fauna selvatica mediante l’impiego dei mezzi di cui all’articolo 13. Viene altresì ricompreso nell’esercizio venatorio il vagare o il soffermarsi con i mezzi destinati a tale scopo o in attitudine di ricerca della fauna selvatica o di attesa della medesima per abbatterla. Ne consegue che la caccia non comprende solo la cattura o l’uccisione della selvaggina ma anche l’attività preliminare e la predisposizione dei mezzi ed ogni altro atto diretto alla cattura e all’abbattimento in tal senso qualificabile dalle circostanze di tempo e luogo in cui esso viene posto in essere.
Il susseguirsi dei tre atti legislativi citati ha segnato il passaggio da un principio di caccia concepita come diritto soggettivo nel regio decreto del 1939, al principio di caccia controllata contenuto nella legge del 1977, fino a quello di caccia programmata che attualmente regola la gestione dell’attività venatoria. La legge quadro del 1992 individua la fauna selvatica oggetto del susseguirsi dei tre atti legislativi citati ha segnato il passaggio da un principio di caccia concepita come diritto soggettivo nel regio decreto del 1939, al principio di caccia controllata contenuto nella legge del 1977, fino a quello di caccia programmata che attualmente regola la gestione dell’attività venatoria.
La legge quadro del 1992 individua la fauna selvatica oggetto di tutela operando una distinzione tra specie meritevoli di una particolare protezione, specie cacciabili e specie residue.
Siamo passati dalla caccia come diritto soggettivo ad un sistema dove il cacciatore che è il primo e il vero custode della biodiversità viene “perseguitato” dai fanatici di ogni tipo.
Attualmente il patrimonio faunistico è completamente cambiato come anche l’ecosistema, intervenire nuovamente per dare una nuova e più attuale disciplina della legge venatoria è indispensabile.