Divieto detenzione armi, istanza di riesame e revoca del divieto, la Prefettura ha l’obbligo di rispondere e riesaminare il caso se viene presentata una istanza, non può rimanere in silenzio, c.d. silenzio inadempimento.
Oggi vi parliamo di un caso molto significativo trattato dal nostro studio legale.
Un signore ha ricevuto un divieto di detenzione armi in passato divenuto definitivo perché non impugnato, riguardante un caso un po’ articolato.
L’interessato si è rivolto al nostro studio legale per proporre istanza di riesame in autotutela, finalizzato ad eliminare il sopra detto divieto di detenzione armi, munizioni e materiali esplodente.
Abbiamo presentato una istanza di revoca e riesame in autotutela del divieto disposto dalla Prefettura.
Dopo aver depositato tale istanza la Prefettura non ha risposto e non ha aperto il procedimento di revisione, ma è rimasta in silenzio c.d. silenzio inadempimento.
A seguito della mancata risposta della Prefettura alla istanza ovvero all’inerzia della stessa è stato presentato ricorso al Tribunale Amministrativo Regionale.
A distanza di alcuni mesi è stata fissata l’udienza e l’Amministrazione si è costituita per il tramite dell’Avvocatura di Stato.
Il ricorso è stato accolto.
Infatti si chiedeva al Tribunale Amministrativo Regionale di pronunciarsi sull’obbligo a provvedere della Prefettura in ordine al divieto di detenzione armi, munizioni e materiali esplodenti ( c.d. silenzio inadempimento) e alla eventuale nomina di un commissario ad acta che si sostituisse alla stessa amministrazione inadempiente.
A seguito dell’udienza il Tribunale Amministrativo Regionale ha emesso sentenza di condanna nei confronti della Prefettura disponendo che la stessa dovesse provvedere nel termine di 30 giorni e che in mancanza si doveva procedere alla nomina di un commissario ad acta per far fronte alla inerzia della P.A., ( c.d. silenzio inadempimento).
Inoltre il TAR ha anche condannato l’amministrazione al pagamento del contributo unificato in favore del ricorrente.
Il principio che si più ricavare dalla sentenza del TAR è che il divieto di detenzione armi, munizioni e materiali esplodenti non può essere un divieto a vita e che l’amministrazione deve provvedere a rifare nuova istruttoria e a pronunciarsi in presenza di una espressa domanda di riesame e revoca del divieto.
Secondo la sentenza n. 645/2023 emessa dal TAR Piemonte Sez. Terza, il 22/06/2023 e pubblicata il 27/06/2023 s’impone, dunque, un’interpretazione costituzionalmente orientata del sistema normativo, talché, a fronte della mancanza di un limite temporale di efficacia del provvedimento de quo, come contrappeso, deve riconoscersi in capo al destinatario un interesse giuridicamente protetto ad ottenere, l’aggiornamento della propria posizione e, in caso di esito positivo, la revoca dell’atto inibitorio.
Invero, un’interpretazione di segno contrario farebbe sorgere seri dubbi sulla legittimità costituzionale della disciplina in argomento, in relazione al principio di buon andamento dell’amministrazione pubblica (art. 97 Cost.) ed ai connessi canoni di ragionevolezza e proporzionalità, non rispondendo ad alcun interesse pubblico la protrazione a tempo indeterminato del divieto.
Conclusione: il ricorso è stato accolto, l’amministrazione è stata condannata al pagamento del contributo unificato, e, il divieto detenzione armi, munizioni e materiali esplodenti, non è un divieto a vita e per tanto va riesaminato e all’occorrenza eliminato in base alle sopravvenienze e ad una nuova istruttoria. Inoltre l’amministrazione ha l’obbligo di riesaminare il divieto a seguito di una espressa richiesta di riesame e revoca dell’interessato.
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